Nel sequestro belga anche i vasi funerari di Canosa

Nei giorni scorsi mi sono occupato delle vicende legate alla scoperta dell’Ipogeo Lagrasta e avevo programmato di dedicarmi ad altri argomenti non connessi all’archeologia. Ma, i piani editoriali sono fatti per essere superati dall’attualità. 

Non capita tutti i giorni di leggere sugli organi di stampa del sequestro, in questo caso in Belgio, di ben 782 reperti archeologici provenienti in larghissima parte da scavi clandestini effettuati in Puglia. Per chi vive a Canosa scatta immediatamente la curiosità di sapere quanti di questi reperti provengano dalla nostra Città, purtroppo depredata della sua storia nel corso dei secoli “grazie” all’infaticabile opera di tombaroli e commercianti d’arte privi di scrupoli.

La mostra allestita nelle sale del Castello Svevo di Bari | © Fb Salvatore Patete

L’indagine è partita, nel 2017, dalla segnalazione del funzionario restauratore e conservatore, Salvatore Patete, della Sovrintendenza per l’archeologia, le belle arti e il paesaggio per le province Foggia e Bat, all’epoca diretta dalla dott.ssa Simonetta Bonomi, che aveva notato sul catalogo di una mostra internazionale un frammento appartenente ad una stele daunia dell’area di Salapia, nell’agro ofantino. Nel comunicato stampa il Nucleo Tutela Patrimonio Artistico dei Carabinieri racconta dell’articolata indagine che ha permesso il recupero, in casa di un collezionista belga, di “… un vero e proprio “tesoro archeologico”, costituito da centinaia di reperti in ceramica figurata apula e altre stele daunie, tutte illecitamente esportate dall’Italia… L’esame tecnico effettuato in Belgio dal consulente archeologo italiano ha evidenziato l’autenticità e il valore storico-culturale dei 782 reperti archeologici trovati nella disponibilità dell’indagato, tutti provenienti dalla Puglia.
Figurano fra questi un numero elevato di vasi apuli a figure rosse, anfore, ceramiche a vernice nera, ceramiche indigene e attiche, a decorazione dipinta geometrica e figurata, stele figurate in pietra calcarea dell’antica Daunia, oltre a numerosissime terrecotte figurate c.d. “tanagrine”, testine fittili, statuette alate, ecc. Si tratta di beni nazionali databili tra il VI e il III secolo a.C., tutelati ai sensi del “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, di un valore commerciale pari a circa 11 milioni di euro, depredati e smembrati dai contesti originari, ora rimpatriati.”

Già dalla lettura di questa parte del comunicato si pone l’accento sulla decontestualizzazione dei reperti recuperati in quanto sarà molto difficile riuscire a risalire all’area di scavo in cui sono stati ritrovati. Per quel che riguarda le ceramiche prodotte nell’antica Canusium ritengo che debbano rientrare a Canosa, nei nuovi spazi del Museo Archeologico Nazionale previsti nell’edificio “Mazzini”, in una mostra permanente dedicata alla “Ceramica di Canosa” così come avviene al Museo di Taranto dove gli ori di manifattura tarantina sono raccolti nella sezione “Gli ori di Taranto” che comprende anche reperti di grande valore ritrovati nel corso di scavi eseguiti in località ben lontane dal capoluogo jonico. Sarebbe un piccolo ristoro per una città che negli ultimi duecento anni ha visto tesori di enorme valore sottratti al suo patrimonio per essere esposti in musei di tutto il mondo.

Chiusa questa considerazione lunedì 21 giugno, in occasione della presentazione ufficiale dei reperti sequestrati, per i quali sono state avviate le attività propedeutiche alla confisca, ho avuto la possibilità di visitare la mostra allestita nelle sale del Castello Svevo di Bari spinto dalla curiosità di cui parlavo prima.

La curiosità è immediatamente soddisfatta all’ingresso della sala dove, sulla prima pedana di esposizione, sono in mostra i caratteristici vasi a decorazione geometrica tipici della produzione canosina di epoca daunia. Si possono ammirare olle dal caratteristico labbro a imbuto affiancate agli askos globulari. Non mancano i vasi attingitoio, di dimensioni più piccole, nei quali il defunto avrebbe potuto versare il contenuto dei vasi più grandi per dissetarsi. E’ una composizione tipica delle sepolture canosine di quel particolare periodo storico in cui la ricchezza del corredo funerario era la figurazione plastica dello status sociale del defunto.

A seguire i vasi a figure rosse tra i quali spicca un cratere di grandi dimensioni caratterizzato dalle volute delle anse che inglobano due riccioli, una decorazione plastica consistente in un volto femminile (in questi vasi il più delle volte è rappresentata la Medusa).

La mostra si conclude con l’esposizione delle ceramiche a decorazione plastica policroma: un unicum, caratteristico della produzione canosina, che da sempre affascina i visitatori dei musei che espongono questo tipo di ceramica. Le forme più diffuse sono le anfore e gli askoi di grandi dimensioni, seguite da oinochoai e kantharoi. La decorazione plastica è costituita da figurine che riproducono la figura della lamentatrice, o da protomi equine, o teste di Gorgone, eroti e nikai. Queste ceramiche avevano una funzione funeraria esclusivamente d’apparato a testimonianza della posizione sociale del defunto.

Terminata l’esposizione i reperti torneranno alla Soprintendenza di Foggia per essere analizzati: sarà necessario svolgere indagini archeometriche, artistiche e storiche per certificarne, senza tema di smentita, la provenienza e poter procedere alla confisca.

23 giugno 2021 © Canusium Chronicles

Aggiornamento

Il Tribunale del Riesame ha rigettato la richiesta di dissequestro avanzata dal collezionista belga inserito in un circuito internazionale di vendita di beni archeologici trafugati dai luoghi di ritrovamento.

I reperti sequestrati restano così in Puglia, nel caveau dei Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Artistico, dove continuerà l’accertamento tecnico sulla loro autenticità. Grazie a questa pronuncia si avvicina il momento della confisca che permetterà allo Stato italiano di rientrare in possesso di questo importantissimo patrimonio archeologico. A seguito della confisca sarà possibile esporre nei musei pugliesi queste splendide testimonianze tramandate dalle civiltà che hanno popolato la nostra regione tra il VI e il III secolo a.C.. Come detto l’auspicio è che le ceramiche prodotte nell’antica Canusium rientrino a Canosa, nei nuovi spazi del Museo Archeologico Nazionale previsti nell’edificio “Mazzini”, in una mostra permanente dedicata alla “Ceramica di Canosa”.

18 dicembre 2021 © Canusium Chronicles

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