…and then there were three… il disco più controverso dei Genesis

Il 24 marzo 1978 esce in tutto il Mondo …and then there were three…, il primo album senza Steve Hackett il mitico chitarrista che aveva abbandonato la band durante il missaggio del doppio dal vivo Seconds Out.

I Genesis, nel 1975, avevano già dovuto far fronte all’improvviso abbandono del loro front man Peter Gabriel e la maggior parte dei critici musicali in quei mesi aveva dato la band per morta, incapace di sostituire il leader che ne aveva segnato la loro grandezza soprattutto nelle lunghissime tournée in giro per il Mondo. Si narrava la difficoltà di sostituire un cantante che per il suo timbro vocale e per il suo modo di cantare e stare sul palco (mitici i suoi travestimenti) ne era diventato il marchio distintivo. Dopo le audizioni di diversi vocalist i superstiti decisero che Phil Collins, già interprete di alcuni brani negli album precedenti, avrebbe sostituito Gabriel nelle parti vocali continuando a suonare la batteria (per inciso Collins è stato uno dei più grandi batteristi che la storia del rock abbia mai avuto).

Al di là di ogni più nefasta aspettativa i Genesis diedero alle stampe due album in studio, A Trick of the Tail e Wind And Wuthering, ed il monumentale live Seconds Out e, smentendo i corvi che già aleggiavano sulle loro presunte spoglie, diedero vita a dei lavori splendidi. Sembrò che, liberatisi della leadership assoluta di Gabriel, avessero guadagnato la libertà di esprimere tutto il loro potenziale artistico e soprattutto musicale. Quattro virtuosi di livello eccelso che suonavano i loro strumenti come pochi all’epoca.

Per I fans l’abbandono di Steve Hackett fu il classico fulmine a ciel sereno, sostituirlo sarebbe stato pressoché impossibile ed infatti non fu sostituito: i Genesis rimasero in tre e da qui il titolo dell’album.

Dal 1970, anno di Trespass, al 1977 anno di Seconds Out i Genesis avevano prodotto otto album di bellezza ineguagliabile entrando di diritto nel gotha del rock insieme a Beatles, Rolling Stones, Pink Floyd e pochi altri. Otto album che si ascoltavano dalla prima all’ultima nota privi di qualunque momento di debolezza. Sino al 31 marzo del 1978…

Premetto, … and then there were three… è stato il mio primo approccio con I Genesis, i loro album precedenti li ho scoperti in una sorta di viaggio a ritroso e forse per questo motivo ne sono particolarmente affezionato. È un album che segna un deciso punto di rottura con la produzione precedente. È la ricerca di racchiudere la loro musica nella forma canzone (quattro minuti). Il risultato non fu perfetto, alcuni brani non convincevano (per usare un eufemismo) ma altri erano piccoli capolavori compositivi e meritavano l’acquisto del disco.

Mai come in questo disco i pareri sui singoli brani sono stati discordanti. Tra i miei preferiti sicuramente c’è Undertow in perfetto stile Tony Banks: un tappeto sonoro di tastiere come ai bei tempi su cui svetta la voce di Phil che ormai ha raggiunto la piena maturità e gli permette di giganteggiare dietro una batteria

La sognante intro di Snowbound e le successive intuizioni melodiche di Mike Rutherford immergono in atmosfere invernali, melanconiche. Una malinconia che in realtà pervade tutto l’album: quasi un rimpianto per come sarebbe stato questo disco con la presenza di Hackett nel completare, con la sua maestria alla chitarra, tutte le melodie.

Il lato A si chiude con con Burning Rope universalmente indicato come miglior brano dell’album. Del resto, oltre sette minuti di musica riportano ai fasti degli album più celebrati e la rullata iniziale di Phil Collins fa presagire dove si andrà a parare. Tony Banks alle tastiere fa quello che fa Tony Banks alle tastiere… disegna armonie inarrivabili che sembrano partire verso orizzonti infiniti per poi tornare indietro e cedere il primo piano alla voce di Phil Collins.

Sul lato B spicca, secondo me il più bel brano del disco: Many too Many. L’intro di piano spiega chiaramente che è una ballata di Banks. E i Genesis da lì in poi le ballate non le sbagliarono mai. La malinconia che pervade l’album qui riemerge con tutta la sua forza. È un pezzo che innegabilmente vira verso il pop ma lo fa con lo stile e la qualità dei migliori Genesis.

Follow you Follow me, cui è affidata la chiusura dell’album è oggettivamente inascoltabile ma è il pezzo che farà conoscere i Genesis ovunque e ben oltre i confini del rock progressive. Fu uno dei dischi più trasmessi dalle radio fm e uno dei lenti più richiesti e ballati in discoteca. È il preludio alla svolta verso il pop, verso i lustrini, verso lo Star System. Da quel momento i Genesis, e Phil Collins con i suoi lavori solisti, domineranno le classifiche di tutto il mondo, venderanno milioni di dischi e produrranno tournée mega galattiche sold out in ogni angolo del pianeta. Per chi aveva amato la band che aveva scritto in assoluto le più belle pagine del prog è un tradimento doloroso e la storia termina qui.

La storia dei Genesis invece continuerà sino all’incredibile tournée del 2007, il Turn It On Again Tour. A Roma, il 14 luglio di quell’anno, oltre un milione di spettatori assisteranno all’unica data italiana del tour. Si chiuse così la storia di una band che ha attraversato 30 anni di musica riuscendo a mantenersi al passo con un mondo che cambiava ad altissima velocità, un tradimento, per chi li aveva amati negli anni ’70, l’abbandono colpevole del loro marchio di fabbrica. Allo stesso tempo nuovi fan ne decretavano il successo nell’universo delle produzioni patinate realizzate con un occhio attento a MTv e alle radio FM americane. Al di là dei gusti soggettivi resteranno incisioni di un elevatissimo livello qualitativo sia per arrangiamenti che per tecnica individuale.

24 marzo 2022 © Canusium Chronicles

Tracking List

Lato A

Down And Out 5:13

Undertow 4:35

Ballad Of Big 4:37

Snowbound 4:20

Burning Rope 6:52

Lato B

Deep In The Motherlode 5:02

Many Too Many 3:22

Scenes From A Night’s Dream 3:21

Say It’s Alright Joe 4:09

The Lady Lies 5:53

Follow You Follow Me 3:51

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