Gli Scout di Canosa a Masseria San Vittore.

I ragazzi del Clan “Perseidi” del Gruppo Scout “Canosa 1” sono stati impegnati, dal 14 al 18 giugno 2022, in un campo di servizio presso la Masseria San Vittore a supporto del Progetto “Senza Sbarre” della diocesi di Andria, finanziato da Caritas Italiana e portato avanti con il contributo di imprenditori privati, ristoratori e associazioni per contribuire a realizzare le misure alternative al carcere previste dalla legge. In particolare a Masseria San Vittore questi detenuti producono taralli, realizzati con materie prime naturali di qualità e a chilometro zero, che con l’etichetta “A mano libera” vengono venduti in alcune realtà della grande distribuzione. Salvatore Morra, capo scout del gruppo di Canosa, ci ha raccontato questa esperienza.

Masseria San Vittore © Uniti nel Dono

30 anni di scoutismo a Canosa

“Il Gruppo Scout “Canosa 1” fa riferimento all’AGESCI, Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani e si ispira agli insegnamenti di Baden Powell, il fondatore, che nel 1907 organizzò il primo campo scout per dare la possibilità a giovani ragazzi di poter sviluppare le caratteristiche del buon cittadino seguendo quattro principi fondamentali: formazione del carattere, servizio verso il prossimo, salute e forza fisica e abilità manuale. Si inizia con i “Lupetti” bambini dagli 8 ai 12 anni che vivono la dimensione della buona azione, dai 12 ai 16 anni vivono lo scoutismo come esplorazione della natura, dai 16 ai 21, quando hanno sviluppato una maturità maggiore i ragazzi sperimentano il procurare la felicità negli altri per essere felici. Il “Canosa 1” è nato 30 anni fa e sin dalla sua nascita è stato sempre molto attento alla dimensione dell’aiuto verso il prossimo. Il primo campo di servizio risale al 1993 con la missione “Volo d’Aquila” in Albania e da allora, mediamente ogni tre quattro anni, svolgiamo questo tipo di campo in Italia o all’estero. L’attività di servizio non è concentrata solo sul campo. I ragazzi dai 16 a 21 anni svolgono anche attività in favore delle realtà di bisogno presenti a Canosa come il “Gruppo Amici”, “Palazzo Mariano, “Oasi Minerva”, “Casa Francesco”, a supporto dei rifugiati provenienti dall’Ucraina e presso le Caritas parrocchiali. Queste sono le attività sul territorio a cui si affianca il campo estivo che può essere di tipo itinerante o di servizio e quest’anno hanno scelto il campo di servizio.”

Il campo estivo a Masseria San Vittore

“Nella scelta della destinazione ci siamo guardati intorno e conoscendo il Progetto Senza Sbarre, nato cinque anni fa dall’illuminazione di alcune persone speciali come don Riccardo Agresti, don Vincenzo Giannelli e il dott. Giannicola Sinisi. Persone eccezionali che, con grandissima forza di volontà e superando difficoltà che avrebbero dissuaso chiunque, hanno creato una realtà che richiede un impegno sovrumano. Contattato, don Riccardo ci ha dato immediata disponibilità e ci siamo accordati per essere in masseria il 14 giugno. Non è una data casuale, avevano ricevuto un importante ordine di taralli ed erano in affanno nella produzione. In masseria vivono una costante dimensione di affanno: hanno ordinativi continui ma personale non sufficiente ad assicurare la produzione, non tutti i detenuti possono accedere ai benefici di legge, ed in alcuni casi, pochi, qualcuno ne ha approfittato per evadere. È una realtà poco conosciuta e vive dell’aiuto di uno sparuto gruppo di volontari anch’essi non sufficienti ad assicurare adeguati livelli produttivi. Stiamo parlando di una realtà molto complessa e particolare che per essere gestita richiede doti davvero non comuni.”

Don Riccardo Agresti

“È questa la Chiesa in uscita: nitido esempio di interazione tra liturgia e azione” – spiega don Riccardo Agresti – perché è la comunità che deve farsi carico delle fragilità”. Don Riccardo è un missionario nella propria terra: dopo oltre 25 anni in un quartiere difficile di Andria (Croci – Camaggio) è trasferito come parroco nella Chiesa S. Luigi, meglio conosciuta come S. Maria al Monte: desolata nel gelido inverno, d’estate popolata di villeggianti, anch’essi ormai partecipi delle attività della masseria. “Con la presenza di questi giovani – continua don Riccardo – c’è stata una ventata di freschezza giovanile all’interno della nostra masseria. Con il loro entusiasmo ed il loro desiderio di essere pionieri del cambiamento di mentalità all’interno della nostra società, hanno voluto partecipare appassionatamente alle attività svolte nella nostra comunità. La mentalità di oggi è includere coloro che hanno sbagliato. Loro, i giovani, non fanno differenze ma cercano appunto di scavare nel cuore di chi si è perso. La loro presenza ha dato vitalità, soprattutto tenerezza e carezza a ciascuno di noi.”

Il lavoro a Masseria San Vittore

I ragazzi del Clan “Perseidi” ed i capi presenti in masseria hanno osservato gli stessi intensi ritmi produttivi osservati dai partecipanti al progetto.

“Il primo impatto è stato spiazzante – continua Salvatore Morra – appena arrivati, non abbiamo neanche avuto il tempo di presentarci, ci hanno detto lavatevi le mani e venite a lavorare poi avremo modo di conoscerci. Il primo giorno abbiamo lavorato dalle 8.00 alle 14.00. Nella pausa pranzo abbiamo montato le tende e alle 15.30 abbiamo ripreso a lavorare sino alle 19.00 quando siamo andati a messa. Alle 20.00 i ragazzi hanno iniziato a prendere coscienza di dove erano. Da un certo punto di vista è stato traumatico: hanno preso coscienza di una dimensione lontanissima dal loro vivere quotidiano, siamo arrivati a lavorare anche 12 ore al giorno. Dal giorno successivo sveglia alle 5,30, doccia, colazione e via, alle 7.15 al lavoro. Pranzo e riposo dalle 13.30 alle 15.30 e poi al lavoro sino alle 19.00. In tutto questo occorre aggiungere che siamo autosufficienti: ci prepariamo la colazione, puliamo i bagni che utilizziamo, prepariamo il pranzo e la cena cucinando con le spiritiere.”

Le testimonianze

“Oltre le attività lavorative, il primo giorno siamo stati a messa con i detenuti, il secondo abbiamo incontrato il dott. Giannicola Sinisi che, con don Riccardo, ci ha presentato il Progetto Senza Sbarre, il terzo giorno abbiamo ascoltato la testimonianza di un detenuto che sino a tre anni fa entrava ed usciva dal carcere: un ragazzo che già dall’età di 15 anni viveva la realtà del riformatorio. Un loro coetaneo che aveva attraversato il confine della legalità ed aveva le cicatrici di chi ha vissuto tanto tempo la realtà carceraria italiana dove non c’è riabilitazione. È stato un racconto che ha colpito molto i ragazzi. Ci ha spiegato che è stato arrestato prima per spaccio, poi per rapina, sino all’arresto per associazione a delinquere. Ad ogni arresto la gravità del reato aumentava. Un racconto che ha spiegato bene come il sistema carcerario sia poco riabilitativo e debba poi appoggiarsi a strutture come la Masseria Senza Sbarre che, con grandissime difficoltà e spirito di sacrificio, cerca di dare una nuova prospettiva a queste persone. In più, altra grandissima difficoltà, l’impossibilità di trovare lavoro una volta usciti dal carcere. Di questa contraddizione ci ha restituito una fotografia agghiacciante il dott. Giannicola Sinisi: il 70% dei detenuti che torna in libertà, a distanza di un anno torna in carcere per un altro reato. L’ultimo giorno abbiamo ascoltato la testimonianza di don Riccardo che ci ha raccontato la sua storia e la storia del Progetto Senza Sbarre. Il suo percorso interiore e le sue motivazioni. Da uomo di fede ho la certezza che la sua storia sia illuminata dallo Spirito Santo: conduce un progetto che non ha ritorno economico, non rispetta i canonici budget aziendali è una realtà che ha come fine principale la redenzione di chi nella vita ha sbagliato sino a varcare le porte del carcere.”

Il confronto

“A sera intorno al fuoco abbiamo parlato dell’esperienza che stavamo vivendo. Ho spiegato chiaramente ai ragazzi che l’obiettivo del campo non era la produzione di taralli ma rendersi conto che esiste una realtà che opera nell’ombra ed ha un grandissimo valore sociale perché si confronta e a volte si scontra con le fragilità umane. Abbiamo parlato delle fragilità del nostro tempo e della nostra vita, delle insidie da affrontare, tra queste l’aumento del consumo di super alcolici e droghe in fasce sempre più giovani della popolazione. Tutte queste testimonianze – conclude Salvatore Morra – hanno dato vita a un’esperienza di servizio che i nostri ragazzi, una volta metabolizzata, porteranno nel cuore per tanto tempo”

23 giugno 2022 – Sabino D’Aulisa © Canusium Chronicles

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