Due piccole Nereidi di terracotta prodotte nell’antica Canusium, vendute al Louvre negli anni ’80 da un noto trafficante italiano di reperti archeologici scavati illegalmente, sono al centro di un caso sollevato in Senato
Un’interrogazione parlamentare a risposta scritta, rivolta al Ministro Franceschini e presentata dai senatori Margherita Corrado, Luisa Angrisani, Bianca Laura Granato ed Elio Lannutti, riporta alla luce una vicenda risalente al 2014 e non ancora risolta.
Nella loro interrogazione presentata a Palazzo Madama lo scorso 6 settembre 2022 i quattro senatori ricordano che “alla fine di aprile del 2014, l’archeologo Maurizio Pellegrini, storico collaboratore (con la collega Daniela Rizzo) del Pubblico Ministero della Procura di Roma Paolo G. Ferri nelle indagini sulle migliaia di reperti sequestrati in Svizzera, nel 1995 e 2001, ai due maggiori mercanti italiani di antichità, coinvolti in qualità di intermediari nei traffici internazionali di reperti archeologici scavati illegalmente (si veda “traffickingculture.org/encyclopedia/case-studies/organigram”), confermava alla Guardia di finanza di Roma la presenza, al Louvre, ricavandola da fonti aperte, di alcuni manufatti eccezionali immortalati negli album fotografici trovati presso uno dei trafficanti; si tratta di un cratere a calice-psykter di fabbrica attica decorato a figure nere da un pittore della cerchia di Antimenes con temi dionisiaci, databile al 525-500 a.C. e di un cratere a campana di produzione italiota dipinto a figure rosse dal pittore di Issione (tema epico), risalente al 330 a.C. e forse proveniente da Capua, nonché di una coppia di appliques in terracotta policroma ascrivibili a botteghe canosine, ricomposte ma pressoché complete e sagomate a mo’ di Nereidi (300-275 a.C.), recanti l’una l’elmo e l’altra lo scudo di Achille.”
L’indagine, cui si fa riferimento nell’interrogazione, riguarda l’ingente sequestro di reperti archeologici, operato dai Carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale, ai danni di uno dei più importanti trafficanti di materiale archeologico acquisito illegalmente principalmente nel Sud Italia e nelle Isole: Gianfranco Becchina. 5361 reperti per oltre 50 milioni di euro di valore: è il sequestro più importante mai messo a segno.



“Risulta agli interroganti che il Louvre, che in passato li esponeva al pubblico in 3 diverse sale del proprio percorso espositivo, abbia acquistato quei reperti in Svizzera, rispettivamente nel 1988 (n° MNE 938), nel 1985 (inv. CA7124) e nel 1982 (inv. CA6823 e CA6824), dal mercante d’arte castelvetranese Gianfranco Becchina, per decenni figura di primo piano, come ricettatore, dell’ambiente degli scavi clandestini sia in Sicilia (…) sia in tutto il sud Italia, e protagonista dei mercati internazionali riforniti da quei traffici (…).”
“Dal Becchina, nel 1980 il Louvre aveva acquistato innanzi tutto una pelike attica a figure rosse di Eutimide (515-510 a.C.), trovata nell’Italia centrale ed entrata nel 1861 nella Collezione Campana, vaso che, come i 2 crateri, di recente è stato tolto dall’esposizione senza spiegazioni. La rimozione è avvenuta dopo che il Louvre, interpellato sui due crateri dagli autori di un reportage pubblicato su “Avenue de l’Europe” il 17 ottobre 2018, pur ammettendo di non poter mostrare alcun permesso di esportazione, rispose piccato: “Ad oggi non ci sono stati forniti dati che attestino che questi oggetti provengano da scavi illegali”“

Scrivono i senatori: “dal ricchissimo archivio cartaceo e fotografico della galleria d’arte “Palladion Antike Kunst”, sequestrato ai coniugi Becchina a Basilea nel 2001 (si veda “https://www.tagesanzeiger.ch/der-fluch-der-tombaroli-909657321956”), si ricavano conferme della compravendita dei 4 reperti in esame ed ulteriori dati conoscitivi. Il cratere-psykter, offerto al museo francese a dicembre del 1987, ricomposto ma completo, era dato come proveniente da una collezione svizzera, senza ulteriori dettagli, mentre di quello a figure rosse con la strage dei Proci ad opera di Ulisse, anch’esso restaurato, si ipotizzava un’origine campana, senza tuttavia dettagliarne la provenance. Le Nereidi, infine, offerte al museo nell’ottobre 1981 dopo una visita della curatrice e vendute a gennaio 1982, si asseriva provenissero da una collezione privata svizzera (siglata K.H.) formata anteriormente alla seconda guerra mondiale.“


Le due appliques, ricomposte ma pressoché complete, sono modellate in forma di Nereidi, ninfe marine facenti parte del corteo del dio del mare Poseidone, solitamente ritratte a cavallo di delfini o, come in questo caso, di cavalli marini (ippocampi). Nei due reperti in oggetto esse richiamano il celebre episodio del trasporto delle armi di Achille forgiate da Efesto, e recano l’una l’elmo e l’altra lo scudo dell’eroe acheo. Abbigliate con himation, sandali, diadema e orecchini, conservano evidenti tracce di policromia che vanno dal bianco al nero, al marrone, al rosa violaceo. (Fame di Sud – Si trovano al Louvre quattro preziosi reperti italiani ritenuti di provenienza illecita. Il caso finisce in Parlamento)
“Le indagini sull’archivio – sottolineano i senatori nell’interrogazione – hanno dimostrato che dietro la sigla K.H., ricorrente nelle vendite della “Palladion Antike Kunst” a grandi musei di tutto il mondo, si nascondeva la collezione privata “fantasma” di tale Karl Haug: il titolare dell’hotel di Basilea dove negli anni ‘70 lavorava Ursula Becchina. D’accordo con la coppia di galleristi, ove richiesto, Haug confermava l’esistenza e la cronologia della raccolta. Uno dei più celebri tra i vasi rientrati in Italia dall’estero, la hydria etrusca a figure nere del Pittore di Micali con i pirati tirreni trasformati in delfini (510-500 a.C.), restituita nel 2014 (si veda “https://www.museoetru.it/etru-a-casa-vulci/hydria-dei-pirati-tirreni”), e della quale anche l’archivio di Giacomo Medici conservava 2 polaroid, era stata alienata al Museum of Art di Toledo (Ohio, U.S.A.) nel 1982 proprio asserendo che provenisse dalla collazione di Karl Haug.”






In conclusione i senatori Corrado, Angrisani, Granato e Lannutti chiedono “di sapere se siano stati o meno rivendicati, e se sì perché finora senza successo, i 4 reperti archeologici che il Louvre acquistò negli anni ‘80 dalla galleria “Palladion Antike Kunst” dei Becchina, nonostante che le scarse o nulle informazioni sui precedenti passaggi di proprietà dovessero suggerire prudenza e suscitare dubbi circa la liceità della loro provenienza, invece di metterli a tacere, quei dubbi, in forza del fatto che la Francia non aveva ancora ratificato la Convenzione Unesco di Parigi del 1970, come avrebbe fatto solo a gennaio del 1997.”
Sabino D’Aulisa © Canusium Chronicles 13 settembre 2022
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