APULIA. Mystères des Pouilles entre terre, pierres et mer. In mostra a Parigi anche i tesori di Canosa

Da martedì 5 luglio, l’Istituto Italiano di Cultura a Parigi, ospita “APULIA. Mystères des Pouilles entre terre, pierres et mer”, una mostra che traccia l’evoluzione dell’ambiente culturale e del paesaggio architettonico pugliese nei secoli, dalla Magna Grecia ad oggi. In esposizione eccezionali opere d’arte, tesori archeologici e medioevali, fotografie d’autore e sculture contemporanee. 

Nelle quattro sezioni in cui si articola la mostra sono esposte opere d’arte di eccezionale fattura mai esposte prima d’ora in Francia. In particolare la sezione archeologica espone manufatti in terracotta realizzati in uno dei periodi di massimo splendore della cultura pugliese, nei territori delle colonie della Magna Grecia.

Sette i musei pugliesi che hanno prestato le venti opere d’arte in mostra. Esse rappresentano al meglio la raffinatezza di questa civiltà, l’importanza attribuita al culto dei morti, la particolarità dell’arte di dipingere la ceramica e di modellarla in figurine plastiche e iconiche, tecniche che raggiunsero l’apice in questo periodo.

La presenza di opere di manifattura canosina si avverte già dalla locandina della mostra che riporta la fotografia di un Oinochoe proveniente dal Museo Archeologico Nazionale di Canosa.

APULIA. Mystères des Pouilles entre terre, pierres et mer – Locandina

L’Oinochoe esposto a Parigi proviene dal corredo funerario dell’Ipogeo Varrese ed è datato tra la fine del IV e l’inizio del III secolo A.C. È un pezzo di grande valore archeologico perché fonde due tecniche artigianali dell’epoca: la decorazione a figure rosse e la decorazione plastica policroma. La parte superiore è costituita da collo e ansa di una oinochoe apula a figure rosse mentre il corpo del vaso è configurato a testa femminile policroma.

Giuseppe Ungaretti rimase particolarmente affascinato da queste particolari creazioni, un unicum della produzione canosina che non ha uguali nel mondo, tanto da definirle frutto del lavoro di un “vasaio impazzito”. “Il barocco più straordinario e più genuino si manifesta in questi vasi rinvenuti in un ipogeo di 22 secoli fa” scrisse il poeta sulla Gazzetta del Popolo, dopo aver ammirato il corredo funerario dell’Ipogeo Varrese nel Museo di Bari durante il suo viaggio in Puglia nel 1934.

Oinochoe © Fb Museo Archeologico Nazionale Canosa

Il secondo reperto esposto a Parigi proviene anch’esso dal corredo funerario dell’Ipogeo Varrese ed è una statuetta in terracotta che rappresenta una figura femminile alata che regge una cetra. Queste terrecotte figurate sono note anche come “tanagrine”, una particolare classe ceramica, databile tra la fine del IV e il III secolo a.C., che riproduce donne offerenti avvolte in pesanti mantelli. Sulle figure si possono ancora oggi ammirare i ritocchi di colore che caratterizzavano le vesti, i particolari del volto e le sofisticate acconciature. Il nome deriva da Tanagra, antica città della Grecia, nella Beozia, nei pressi dell’attuale centro omonimo, uno dei maggiori centri di produzione a partire dal VI secolo a. C.. Sono così chiamate per analogia anche le statuette simili prodotte in altri centri antichi della Magna Grecia.

Figura femminile alata con cetra © Fb Museo Archeologico Nazionale Canosa

Ancora una volta la magnificenza del corredo funerario dell’Ipogeo Varrese, interamente esposto nel Museo Archeologico Nazionale di Canosa, affascina studiosi e curatori delle più importanti mostre archeologiche in giro per il mondo.

I due reperti dell’Ipogeo Varrese in Mostra a Parigi © Fb Museo Archeologico Nazionale Canosa

Sabino D’Aulisa © Canusium Chronicles 9 luglio 2022.

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